Parliamo di … Chimamanda Ngozi Adichie e il femminismo.

Chimamanda Ngozi Adichie è una scrittrice nigeriana che nel 2005 ha vinto il Commonwealth Writers’ Prize per la categoria “First Best Book” con il libro L’Ibisco Viola. Nel 2012 Adichie è intervenuta sul tema del femminismo per TEDxEuston, con il discorso “Dovremmo essere tutti femministi” ed in seguito pubblica un saggio tratto dal discorso di cui sopra.

L’autrice afferma di essere stata chiamata per la prima volta “femminista” durante una discussione con Okuloma, il suo migliore amico. Aveva 14 anni e non sapeva neanche il significato del termine. Racconta che quando un giornalista le consigliò di non definirsi una femminista, perché le femministe sono donne infelici e non riescono a trovare marito, decise di definirsi una “femminista felice”. Successivamente un’insegnante nigeriana le disse che si definiva femminista perché era stata corrotta dai libri “occidentali”. Dal momento che la docente definiva il femminismo come “non africano”, decise di definirsi una “felice femminista africana”. Racconta Adichie che ci sono più donne che uomini nel mondo, ma la maggior parte delle posizioni di potere e prestigio sono occupate da uomini. Il genere come è inteso oggi, specie nella realtà nigeriana, è una grande ingiustizia, per cui bisogna crescere i figli in modo diverso. La scrittrice sostiene che si usa la parola “rispetto” per intendere un atteggiamento che la donna ha verso l’uomo, ma che sovente non è corri-sposto. Lodiamo le ragazze per la verginità, ma non i ragazzi. L’idea che gli uomini siano esseri selvaggi è quasi accettabile. Insegniamo alle ragazze la vergogna e le cresciamo come se “l’essere femmina” sia un problema.

Secondo Adichie ciò che conta di più è il nostro atteggiamento, la nostra mentalità, il valore che diamo al genere. Il genere non è un facile argomento di discussione. Molti uomini non si pongono tale problema ma il genere conta e influenza il nostro modo di vivere. Adichie prosegue la sua argomentazione asserendo che, secondo alcune persone, dire che una donna è subordinata a un uomo dipende dalla nostra cultura, ma la cultura è in continuo cambiamento. La cultura non crea un popolo, il popolo crea una cultura. Se il raggiungimento della piena umanità delle donne non è la nostra cultura, dobbiamo cercare di renderla tale.

Infine conclude il suo discorso dicendo che il suo amico Okuloma aveva ragione quando l’aveva chiamata femminista, perché femminista è una persona che crede nell’uguaglianza sociale, politica ed economica dei sessi.

Lucia Maria Massano