La mancata adozione dei P.E.B.A. (Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche) è discriminazione indiretta verso le persone con disabilità. 

L’inclusione delle persone con disabilità presuppone l’abbattimento delle barriere architettoniche. Lo ribadisce la Convenzione delle Nazioni Unite, ma già la legge 104/92 lo precisava in particolare attraverso gli articoli 23 (rimozione di ostacoli per l’esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative) e 24 (eliminazione o superamento delle barriere architettoniche).

I P.E.B.A., ovvero i Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche, sono gli strumenti in grado di monitorare, progettare e pianificare interventi finalizzati al raggiungimento di una soglia ottimale di fruibilità degli edifici per tutti i cittadini e per dare una speranza prospettica ai “diritti di accesso” delle persone con disabilità. Introdotti nel 1986, con l’articolo 32, comma 21, della legge n. 41, e integrati con l’articolo 24, comma 9, della legge 104 del 1992, che ne ha esteso l’ambito agli spazi urbani (P.A.U.), sono lo strumento individuato dalla nostra normativa per monitorare e superare le barriere architettoniche insistenti sul territorio. Il Piano, di cui ogni comune dovrebbe già essersi dotato – cosa che purtroppo non rispecchia la realtà -, è teso a rilevare e classificare tutte le barriere architettoniche presenti in un’area circoscritta e può riguardare edifici pubblici o porzioni di spazi pubblici urbani (strade, piazze, parchi, giardini, elementi arredo urbano).

Sul tema occorre portare all’attenzione una recente decisione del Tribunale di Roma, su ricorso presentato dall’Associazione Luca Coscioni. Il Tribunale di Roma, con una ordinanza resa pubblica lo scorso 5 gennaio, ha stabilito per la prima volta che la mancata adozione e approvazione del P.E.B.A. da parte delle amministrazioni comunali rappresenta una condotta discriminatoria indiretta attuata in forma collettiva nei confronti delle persone con disabilità. Ai sensi dell’art 2 legge 67/2006 si ha discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono una persona con disabilità in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone

Per il Tribunale di Roma il Comune di Pomezia ha adottato il P.E.B.A. con notevole ritardo, ossia solo a maggio 2022, il che non gli ha consentito di procedere alla ricognizione delle barriere architettoniche presenti sul suo territorio e alla conseguente programmazione degli interventi volti alla loro rimozione. Secondo il Giudice tale ritardo “incide sui diritti dei disabili, con realizzazione di una condotta da parte dell’amministrazione comunale in concreto svantaggiosa e discriminatoria per gli stessi”. Il Comune di Pomezia è stato dunque condannato a cessare il comportamento discriminatorio mediante la rimozione entro il 30 dicembre 2023 delle barriere architettoniche indicate nel ricorso, previa adozione, entro il 30 giugno 2023, di un piano di rimozione delle stesse da adottare sentita l’Associazione Luca Coscioni.

Il Comune di Pomezia è un esempio di come ad oggi sia rimasta disattesa da parte di molti comuni italiani l’adozione di appositi Peba. Ad oggi pochi enti si sono dotati dei P.E.B.A nonostante la legge n. 41/1986 e la successiva legge n. 104/1992 impongano a tutte le amministrazioni comunali di dotarsene. L’ordinanza emessa dal Tribunale di Roma, offre la possibilità, da oggi, di rivolgersi alla giustizia civile per fare in modo che i Comuni monitorino e censiscano tutte le barriere architettoniche e sensoriali presenti sui loro territori e programmino nel tempo gli interventi necessari alla loro rimozione.

Avv. Luca Massano

Per ulteriori approfondimenti sul tema si veda anche: Il silenzio sui Piani di eliminazione delle barriere architettoniche (PEBA).