Diritto al sostegno scolastico: una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU).

Durante il periodo storico che stiamo attraversando, e con le grandi difficoltà che la scuola si trova a gestire a causa della diffusione del Coronavirus, assume ancora più rilevanza una recente pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che si è espressa ribadendo il diritto al sostegno scolastico di un’alunna con disabilità.

La vicenda trae origine dall’impossibilità per una bambina con autismo non verbale di beneficiare di un insegnante di sostegno durante i suoi primi due anni di scuola primaria dal 2010 al 2012. A fronte di tale situazione i genitori della bambina, nel maggio del 2012, decidevano di presentare ricorso al Tribunale Amministrativo della Regione Campania. Il ricorso era respinto così come la successiva impugnazione della sentenza presso il Consiglio di Stato. I genitori, non ritenendosi garantiti dallo Stato italiano, depositavano quindi un ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo, ritenendo violato il diritto all’istruzione della figlia, in quanto per due anni scolastici, la stessa non aveva beneficiato del sostegno scolastico e tale comportamento aveva compromesso per la figlia le possibilità di evoluzione e di integrazione nel sistema scolastico. Lo Stato italiano si difendeva sostenendo che le misure adottate a livello locale fossero in linea con ciò che poteva ragionevolmente essere richiesto alle autorità, date le limitate risorse a loro disposizione.

La Corte (con sentenza del 10 settembre 2020), valutate le posizioni delle due parti, sottolineava quanto segue: “in una società democratica, il diritto all’educazione è fondamentale per la realizzazione dei diritti dell’uomo e l’istruzione è uno dei servizi pubblici più importanti in uno Stato moderno”. Le norme che si ritenevano violate nel caso presentato alla Corte erano l’articolo 14 (Divieto di discriminazione) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in combinato disposto con l’articolo 2 del Protocollo Addizionale n. 1 alla Convenzione (Diritto all’istruzione). Per quanto riguarda il divieto di cui all’articolo 14, la Corte ribadiva testualmente che: “la discriminazione consiste nel trattare in modo diverso, senza una giustificazione oggettiva e ragionevole, persone in situazioni analoghe e che un trattamento differenziato manca di giustificazione obiettiva e ragionevole quando non persegue un ‘obiettivo legittimo’ o quando non c’è un ragionevole rapporto di proporzionalità tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito”. In particolare era sottolineato che “il modo più appropriato per garantire i principi di universalità e non discriminazione sia ” l’istruzione inclusiva, che mira a promuovere pari opportunità per tutti, comprese le perso-ne con disabilità. L’educazione inclusiva è innegabilmente una componente della responsabilità internazionale degli Stati in questo settore”. La Corte Europea continuava affermando come le persone con disabilità abbiano il diritto di attendersi “i cambiamenti e gli adattamenti necessari e appropriati per garantire loro il godimento o l’esercizio, sulla base dell’uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti e delle libertà fondamentali”. La Corte concludeva ritenendo che la bambina non avesse potuto continuare a frequentare la scuola primaria in condizioni equivalenti a quelle di cui godo-no gli studenti non disabili, e che la differenza di trattamento fosse dovuta alla sua disabilità rilevando il carattere discriminatorio dell’omessa assistenza all’alunna con disabilità. La discriminazione subita dall’alunna era “particolarmente grave” in quanto “si era verificata nel quadro dell’istruzione primaria, che fornisce il fondamento dell’istruzione e dell’integrazione sociale e la prima esperienze di convivenza e che è obbligatoria nella maggior parte dei paesi”. Di conseguenza si riteneva violato l’art. 14 della Convenzione in combinato disposto con l’articolo 2 del protocollo n.1 della Convenzione. In conseguenza di queste violazioni lo Stato italiano è stato condannato al risarcimento di un danno patrimoniale e un danno morale a favore dei ricorrenti.

La pronuncia della Corte europea, di cui si sono riportati sinteticamente alcuni passaggi, rafforza i diritti delle persone con disabilità. Tanti studenti con disabilità, ancora oggi, non possono accedere all’istruzione in forma paritaria ai propri coetanei e tale comportamento è giustificato adducendo la mancanza di risorse economiche. Tuttavia in questo modo si perde di vista l’interesse primario all’istruzione per ogni minore. Occorrono pertanto politiche adeguate affinché sia eliminata ogni discriminazione.

Qui il testo della sentenza: https://hudoc.echr.coe.int/fre#{%22itemid%22:[%22001-204322%22]}

Avv. Luca Massano