“Non mi importa di dovermi sedere sul pavimento a scuola. Tutto ciò che voglio è ricevere un’ istruzione. Non ho paura di nessuno.”
Così dice Malala quando, all’inizio del 2009, un editto proibisce alle ragazze di frequentare la scuola.
Alla fine del 2007 i talebani e l’esercito pachistano si contendono la valle di Swat, nel Pakistan settentrionale. La città di Mingora, dove vive Malala, è preda dei talebani.
Con editti ispirati alla sharia ,Maulana Fazlullah, leader del gruppo terroristico Tehreek-e-Taliban Pakistan, abolisce prima il ballo, la musica, i CD, internet, la televisione, poi i vaccini, ecc, in un crescendo di divieti che reprimono le libertà civili. Con azioni violente e criminali, terrorizza la popolazione civile.
Dal 2009 l’esercito inizia a bombardare Mingora e i talebani reagiscono restringendo ancora di più le libertà civili proibendo, ad esempio, alle ragazze di frequentare la scuola.
Per Malala è una notizia tragica anche perché il padre gestisce una scuola per ragazze.
Un giornalista amico del padre propone a Malala di scrivere (sotto uno pseudonimo) un blog sul sito della BBC, per far conoscere a tutti la condizione delle bambine e delle ragazze che vivono nelle zone controllate dai talebani.
Giorni dopo la chiusura della scuola, talebani ed esercito firmano una fragile tregua e alle ragazze viene concesso di tornare a scuola.
A maggio la situazione precipita: i talebani conquistano anche Buner e l’esercito annuncia l’”Operazione Retta Via”. I civili devono lasciare la valle di Swat. Malala e la sua famiglia fuggono in esilio. Nel frattempo Radio Maulana ha chiesto la testa del padre di Malala che si rifugia a Peshawar insieme ai gestori di altre due scuole femminili.
Ad agosto la famiglia può rientrare a Mingora. La casa e la scuola del padre di Malala sono state saccheggiate e semidistrutte. Sul sito della BBC l’identità di Malala è stata svelata e la giovane si ritrova in tv a parlare di Benazir Bhutto, Obama, dei talebani… I giornalisti la presentano come attivista per i diritti dei bambini ma forse non sanno che la condannano a morte.
Tre anni dopo, nell’estate del 2012, Malala è minacciata. La notte Malala ha un sogno ricorrente: un talebano si presenta per ucciderla e lei gli risponde: “Stai facendo un grosso errore, l’istruzione è un nostro diritto!”
Nel 2012 Malala Yousafzai viene ferita gravemente alla testa da uomini armati saliti a bordo del pick-up su cui sta tornando a casa da scuola.
Il portavoce dei talebani pakistani rivendica la responsabilità dell’attentato, sostenendo che la ragazza è il simbolo degli infedeli e dell’oscenità, e minaccia” di terminare il lavoro”, qualora sopravviva.
La ragazza si risveglia, dieci giorni dopo il ferimento, in un ospedale di Birmingham. Malala non solo sopravvive, ma il 12 luglio 2013, in occasione del suo sedicesimo compleanno, parla all’ONU lanciando un appello a favore dell’istruzione delle bambine e dei bambini di tutto il mondo. Nel 2013 viene insignita del Premio Sakharov per la libertà di pensiero. Un anno dopo ottiene il Nobel per la pace, diventando, a diciassette anni, la più giovane vincitrice del premio. Fonda insieme al padre la “Malala Fund” che si impegna per un mondo in cui tutte le bambine e ragazze possano studiare senza avere paura.
Scrive il libro ‘io sono Malala’ con l’aiuto di Christina Lamb, dedicandolo “A tutte le ragazze che hanno affrontato l’ingiustizia e sono state zittite.” E adice “Insieme saremo ascoltate.”
Malala, che oggi ha 22 anni, nel 2018 è tornata nella sua città natale, Mingora, per la prima volta da quando i talebani hanno cercato di ucciderla nel 2012.
A febbraio ha incontrato ad Oxford l’attivista svedese per il clima Greta Thunberg. Le due ragazze hanno immortalato l’incontro con una foto postata sui social. Su Twitter Malala ha scritto “l’unica amica per la quale salterei la scuola”.
Lucia Maria Massano