Il nuovo modello di P.E.I. e la didattica inclusiva.

Il Piano Educativo Individualizzato, in ambito scolastico, dovrebbe rappresentare un presidio fondamentale per l’integrazione, prevedendosi, al suo interno, una didattica inclusiva “plasmata su misura” per l’alunno/studente.

Si tratta del documento che contiene la progettazione individualizzata per ciascuno studente con disabilità per garantirne l’inclusione scolastica: professionalità necessarie, strumenti di supporto, interventi educativo-didattici, obiettivi, modalità di valutazione.

Con il Decreto Interministeriale 29 dicembre 2020, n. 182, sono stati recepiti i nuovi modelli di Piano Educativo Individualizzato (PEI) – unici per ogni ordine di scuola – e sono state stabilite le rinnovate modalità per l’assegnazione delle misure di sostegno.

Il PEI sarà redatto dal Gruppo di Lavoro Operativo per l’inclusione (GLO) coinvolgendo l’intero team dei docenti di classe, le famiglie, gli operatori sanitari.

I nuovi modelli di P.E.I. – scaricabili dal sito del Ministero dell’istruzione – descriveranno le capacità e performance del discente “in una visione biopsicosociale” e saranno applicati a partire dal prossimo A.S. 2021/22.

Il PEI esplicita le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di sostegno alla classe, le modalità di verifica, i criteri di valutazione, gli interventi di inclusione svolti dal personale docente nell’ambito della classe e in progetti specifici, la valutazione in relazione alla programmazione individualizzata, gli eventuali interventi di assistenza igienica e di base, la proposta delle risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione.

Quattro gli assi attorno a cui è costruito il Piano, di cui saranno poi osservati gli esiti:

– Dimensione della Socializzazione e dell’Interazione

– Dimensione della Comunicazione e del Linguaggio

– Dimensione dell’Autonomia e dell’Orientamento

– Dimensione Cognitiva, Neuropsicologica e dell’Apprendimento.

Riguardo all’attribuzione delle ore di sostegno, si precisa, che la proposta di quantificazione sarà formulata dal G.L.O., cui spetterà il compito di individuare il fabbisogno, in rapporto “all’entità delle difficoltà” riscontrate per il singolo allievo. Tale proposta, acquisita e valutata dal Dirigente scolastico, si tradurrà in “richiesta complessiva d’istituto delle misure di sostegno”, da trasmettere al competente Ufficio Scolastico Regionale.

Nel Decreto interministeriale viene apportata una modifica al modello precedente dei parametri per l’assegnazione delle ore di sostegno, che non viene più fatta prendendo in considerazione la condizione di gravità dell’alunno con disabilità ma attraverso il “debito di funzionamento” (rilevato a fine anno rispetto alle abilità e competenze acquisite) per dedurne automaticamente un certo numero di ore di sostegno didattico o di assistenza per l’autonomia e la comunicazione. Tuttavia lo scorso settembre, il CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione) nel Parere sulla “Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida”, aveva espresso le sue perplessità in merito all’uso dell’espressione “Debito di Funzionamento”, affermando che nell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) non esiste tale espressione.

Attribuire ad un “debito di funzionamento” il compito di determinare un certo numero di ore di sostegno didattico rischia di aumentare, anziché ridurre, la discriminazione nei confronti degli alunni con disabilità. In ogni caso non prende in considerazione la personalità complessiva dell’alunno inquadrandolo entro limiti matematici e rigidi. Non permette una valutazione completa e la differenziazione di valori fra deficit sensoriale o motorio e deficit cognitivo. Prefigura la valutazione dei singoli così come “Deficit di funzionamento”, quando non si ha neppure ancora un “profilo di funzionamento”, che non è stato attuato perché mancano addirittura le linee guida del Ministero della Salute.

L’attribuzione delle ore di sostegno, facendola rientrare in una schematizzazione “di funzionamento” senza alcun riferimento a cosa si intende per “funzionamento”, sembra evidenziare un cammino opposto a quello che dovrebbe intraprendere la scuola nei confronti della disabilità. La valutazione dei singoli casi non dovrebbe essere così meccanica, escludendo ancor più la valutazione delle potenzialità inespresse di crescita dell’alunno rilegandolo in una valutazione schematica sulla base di parametri astratti. Il debito di funzionamento, inoltre, difficilmente aiuterà a prefigurare il processo di formazione dei nuovi docenti specializzati, aumentandone il precariato e causando una riduzione delle cosiddette “cattedre in deroga” create proprio per una nuova sensibilità inclusiva nei confronti della disabilità. Rischia, quindi, di far regredire il processo di formazione di una scuola inclusiva facendone venir meno le premesse.

Come ho già avuto modo di scrivere, anche il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione ha espresso parere negativo sull’adozione del criterio del “Debito di funzionamento” in quanto rende un’immagine dell’alunno non consona a coglierne le capacità e potenzialità del contesto scolastico nel presente ed esclude anche le potenzialità evolutive della sua personalità.

Vi è un fondato timore che questa nuova modalità di assegnare le ore di sostegno oltre ad automatizzare le stesse, all’interno di un range, possa fra l’altro, acuire il problema del precariato dei docenti di sostegno, dimenticando i presupposti qualitativi e non solo quantitativi, che possono determinare il reale processo di inclusione degli alunni con disabilità.

Avv. Luca Massano

Sullo stesso tema si veda anche: Condotta discriminatoria nei confronti di un alunno disabile; Diritto al sostegno scolastico: una pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’uomo (CEDU).

N.B.: immagine in evidenza raffigura una lavagna con la scritta “nuovo PEI 2021” (tratta da https://estro.ai/)