Condotta discriminatoria del Comune: barriere architettoniche

Facendo seguito all’articolo pubblicato nel numero 2/2020 (condotta discriminatoria posta in essere da un istituto scolastico nei confronti di un alunno con disabilità) si porta a conoscenza un’interessante pronuncia della Corte di Cassazione civile (Cass. Civ. 3691/2020) in merito ad una condotta discriminatoria tenuta da un comune della Regione Marche nei confronti di una propria consigliera con disabilità ai sensi della L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 3, comma 3.

La vicenda trae spunto dall’impossibilità per la consigliera comunale di poter accedere autonomamente agli uffici amministrativi ed alle sale consiliari del Comune a causa della presenza di barriere architettoniche consistenti in due rampe di scale e della mancanza di un ascensore o di un servoscala.

A fronte di tale situazione veniva citato in giudizio il Comune affinché ne fosse accertata la condotta discriminatoria per la mancata eliminazione delle barriere architettoniche che impedivano l’accesso alle sale consiliari in autonomia. La domanda veniva respinta in primo grado per cui veniva proposto ricorso in appello ed i giudici di secondo grado, accogliendo il ricorso, ritenevano integrata la fattispecie della cd. “discriminazione indiretta” della L. 1 marzo 2006, n. 67, ex art. 2, comma 3, nei confronti della consigliera comunale e condannavano il predetto Comune al risarcimento dei danni che venivano liquidati in via equitativa.

Avverso tale pronuncia il Comune proponeva ricorso in Cassazione.

I giudici di Cassazione, investiti della controversia, hanno precisato quanto segue: “questa Corte ha già affermato che l’esistenza di un’ampia definizione legislativa e regolamentare di barriere architettoniche e di accessibilità rende la normativa sull’obbligo dell’eliminazione delle prime, e sul diritto alla seconda per le persone con disabilità, immediatamente precettiva ed idonea a far ritenere prive di qualsivoglia legittima giustificazione la discriminazione o la situazione di svantaggio in cui si vengano a trovare queste ultime, consentendo loro “il ricorso alla tutela antidiscriminatoria, quando l’accessibilità sia impedita o limitata” ciò, a prescindere, “dall’esistenza di una norma regolamentare apposita che attribuisca la qualificazione di barriera architettonica ad un determinato stato dei luoghi”.

Secondo i Giudici della suprema Corte l’accessibilità “è divenuta una “qualitas” essenziale quale conseguenza dell’affermarsi, nella coscienza sociale, del dovere collettivo di rimuovere, preventivamente, ogni possibile ostacolo all’esplicazione dei diritti fondamentali delle persone affette da handicap fisici” (così, Corte Cost., sent. n. 167 del 1999; nello stesso senso, Corte Cost. sent. n. 251 del 2008.)

Ancora i Giudici sottolineano come “il superamento delle barriere architettoniche – tra le quali rientrano, ai sensi del D.P.R. n. 503 del 1996, art. 1, comma 2, lett. b), gli “ostacoli che limitano o impediscono a chiunque la comoda e sicura utilizzazione di spazi, attrezzature o componenti” – è stato previsto (L. n. 118 del 1971, art. 27, comma 1) “per facilitare la vita di relazione” delle persone disabili”, evidenziandosi che tali principi “rispondono all’esigenza di una generale salvaguardia della personalità e dei diritti dei disabili e trovano base costituzionale nella garanzia della dignità della persona e del fondamentale diritto alla salute degli interessati, intesa quest’ultima nel significato, proprio dell’art. 32 Cost., comprensivo anche della salute psichica oltre che fisica”.

Una conclusione, questa, che appare del tutto in linea con la necessità di assicurare alla normativa suddetta un’interpretazione conforme alla Costituzione.

Con la pronuncia di cui sopra la Cassazione ricorda che al fine di integrare la discriminazione indiretta di cui alla L. n. 67 del 2006, si prescinde da ogni volontà o intenzione discriminatoria del soggetto agente potendo derivare anche da comportamenti neutri o inerti, come la mancata adozione degli accorgimenti necessari a garantire l’accesso agli uffici municipali. La questione relativa al superamento delle barriere architettoniche è sempre attuale in considerazione delle difficoltà che molte persone incontrano nella vita di tutti i giorni in quanto non vengono poste in condizione di essere autonome nello svolgimento delle attività quotidiane. Dovrebbe sussistere un dovere collettivo a rimuovere gli ostacoli che non permettono l’esercizio fondamentale dei propri diritti costituzionalmente garantiti.

Avv. Luca Massano