Afghanistan: gruppi etnici e vicende politico-istituzionali.

Difficile dire con certezza quanti siano gli abitanti dell’Afghanistan. I censimenti infatti sono sempre stati poco affidabili e quasi mai condotti su larga scala a causa della situazione cronica di incertezza politica e di guerra perdurante nel Paese. La maggior parte degli esperti però ritiene che la forbice demografica afghana possa variare tra i 30 e i 40 milioni di persone, la maggior parte delle quali situate nell’Est del Paese, la zona più irrorata dai corsi d’acqua.

A causa delle condizioni geomorfologiche e climatiche ostili, nel corso dei secoli la popolazione dell’Afghanistan si è stanziata prevalentemente nelle poche vallate coltivabili, dedicandosi principalmente alla pastorizia e all’agricoltura. Inoltre, essendo un Paese in cui le consuetudini e le usanze tribali sono ancora profondamente radicate, in Afghanistan prevale la tendenza a non inurbarsi e solamente un quarto della popolazione vive nelle città, mentre la stragrande maggioranza di essa risiede nelle zone rurali.

Il popolo afghano è demograficamente molto giovane e quasi totalmente di religione musulmana sunnita, frammentato però in modo complesso su basi etniche, regionali e tribali. La posizione geografica dell’Afghanistan, infatti, ha storicamente favorito l’ingerenza e il passaggio di attori esterni, dando vita a un Paese caratterizzato da uno straordinario mosaico di lingue, culture ed etnie diverse.

La società afghana, organizzata prettamente su basi tribali ha al suo interno, decine di gruppi etnici, di cui solamente cinque rappresentano la maggioranza della popolazione: i pashtun, i tagiki, gli hazara, gli uzbeki e i turkmeni. Pochi di questi gruppi, però, sono originari e collocati esclusivamente in Afghanistan. La maggior parte di essi, infatti, appartiene a comunità sovranazionali presenti anche nei Paesi confinanti, con i quali spesso intrattiene forti legami culturali e linguistici.

I pashtun sono il più grande gruppo etnico in Afghanistan e rappresentano circa il 40% dell’intera popolazione. La lingua che utilizza questo gruppo etnico è il pashto e la religione da loro praticata è l’Islam sunnita. Benchè siano l’etnia predominante in Afghanistan, la maggior parte dei pashtun risiede però in Pakistan, dove rappresentano il secondo gruppo etnico del Paese.

Discendenti da un ceppo etno-linguistico indoeuropeo, i pashtun sono divisi in molteplici tribù e clan distinti tra loro, prevalentemente concentrati nella parte medio-orientale del Paese, nelle zone limitrofe alle province pakistane del Khyber Pakhtunkhwa e del Baluchistan. I centri abitati con la più alta concentrazione di pashtun in Afghanistan sono Kandahar, Jalalabad e Kabul, mentre in Pakistan sono Peshawar, Quetta e soprattutto Karachi.

Tra le principali tribù pashtun figurano i Durrani, la tribù dell’ex presidente afghano Hamid Karzai, ed i Ghilzai, che costituiscono la maggior parte dei ranghi del movimento talebano. La contrapposizione tribale tra Durrani e Ghilzai, ha storicamente dato vita a molteplici dinamiche conflittuali all’interno del mondo pashtun, che molto spesso sono sfociate in sanguinose lotte intestine per la conquista del potere a Kabul. Queste tensioni interne, sono da sempre state sfruttate ed acuite da alcuni attori esterni, allo scopo di provare ad esercitare una propria influenza sul gruppo etnico predominante.

La cultura e l’organizzazione sociale dei pashtun ruotano principalmente attorno al “Pashtunwali”, un codice etico pre-islamico basato su concetti come l’onore, l’autonomia personale, il coraggio e l’ospitalità, ma anche sul diritto alla vendetta, sulla separazione di genere e sulla fedele osservanza della religione. Caratterizzato da un complesso connubio di tradizioni tribali e legge islamica, il “Pashtunwali” rappresenta un codice consuetudinario e morale estremamente vincolante all’interno della comunità pashtun. Nella sua forma più rigorosa attualmente viene per lo più seguito solamente nelle tribù rurali, tuttavia, la sua influenza può essere ravvisata in gran parte dei comportamenti quotidiani di questa etnia.

Nonostante non rappresentino la maggioranza assoluta della popolazione, i pashtun hanno da sempre svolto un ruolo preminente nel panorama socio-politico afghano e, nel corso della storia dell’Afghanistan, hanno progressivamente maturato la forte convinzione di essere gli unici legittimi governanti del Paese. Dinastie pashtun hanno infatti dominato la scena politica afghana sin dalla caduta dell’Impero Moghul in India e della casata safavide in Persia, conseguentemente, sono stati proprio i pashtun a forgiare la moderna identità nazionale afghana e soprattutto sono stati loro a contaminarla con tratti della propria tradizione culturale.

Proprio per questo motivo, in uno stato multietnico come l’Afghanistan, il nazionalismo è maggiormente diffuso tra la comunità pashtun piuttosto che presso i tagiki, gli hazara, gli uzbeki o i turkmeni, che tradizionalmente vedono i pashtun come una minaccia ed associano il concetto di “Afghanistan” alla sottomissione a questa etnia.

I tagiki costituiscono il secondo gruppo etnico dell’Afghanistan e sono tradizionalmente rivali dei pashtun per il potere ed il prestigio nel Paese. Essi rappresentano circa il 25% della popolazione e generalmente vivono nelle province del Nord e del Nord-Est dell’Afghanistan.  Le principali città per popolazione tagika sono Kabul, Mazar-i-Sharif, Herat e Ghazni, ma consistenti minoranze tagike si trovano nella maggior parte delle città e delle province del Paese.

A differenza della maggior parte degli altri gruppi etnici dell’Afghanistan, i tagiki hanno un livello più alto di urbanizzazione e non sono organizzati su base tribale, ma bensì in gruppi familiari e villaggi. Parlano la lingua persiana dari, l’idioma comune più utilizzato dai gruppi etnici afghani, professano l’Islam sunnita e tendono a definirsi in base alla propria appartenenza regionale[1]. Essi inoltre fanno parte di un’ampia comunità sovranazionale presente in maniera maggioritaria presso il confinante Tajikistan.

L’etnia tagika, ad eccezione del proprio orientamento religioso, è fermamente collocata all’interno della sfera di influenza culturale persiana. Il dari, infatti, è un dialetto della lingua farsi parlata in Iran e la storia dei tagiki è indissolubilmente legata a quella dell’Impero persiano, che in Afghanistan possedeva delle importanti satrapie. Proprio in virtù della dominazione persiana delle aree Nord-occidentali del Paese, i tagiki hanno infatti potuto imporsi per secoli sulle altre etnie come vassalli dei persiani, ma sono andati perdendo questo status di pari passo con il diminuire dell’influenza dell’Impero safavide sull’area. Questo, da un lato, ha determinato un marcato risentimento nei confronti dei tagiki da parte delle altre etnie afghane[2], dall’altro, ha portato ad un superiore sviluppo socio-culturale dei tagiki, che tradizionalmente svettano ed eccellono nel campo delle più importanti professioni lavorative del Paese[3].

Il terzo gruppo etnico dell’Afghanistan è quello degli hazara, che costituisce circa il 15% della popolazione afghana e vive negli altipiani centrali e del Nord del Paese. Quest’etnia risiede nelle province di Bamiyan, Ghor, Wardak e Ghazni, che proprio per questo prendono comunemente il nome di regione dell’Hazarajat.

Gli hazara parlano prevalentemente l’hazaragi, un peculiare dialetto dari che conta un gran numero di parole turche ed alcune mongole. Sono molte le ipotesi avanzate sull’origine di quest’etnia, ma per la somiglianza delle caratteristiche fisiche e somatiche, molti studiosi e antropologi affermano che gli hazara abbiano una discendenza mongola.

Oltre a distinguersi per il loro peculiare aspetto fisico, diversamente da tutti gli altri gruppi etnici afghani, la stragrande maggioranza degli hazara professa l’Islam sciita. A causa di queste differenze, l’etnia hazara, un tempo predominante, dall’Ottocento è stata oggetto di continue discriminazioni e numerose pulizie etniche da parte delle altre comunità afghane sunnite. A seguito delle innumerevoli persecuzioni, gran parte degli hazara è stata costretta a fuggire in Pakistan e in Iran, dove questo gruppo etnico gode dell’appoggio e delle simpatie del governo sciita di Teheran.

Gli uzbechi e i turkmeni, infine, sonogruppi etnici minori di discendenza turcofona che vivono nelle aree settentrionali e nel Nord-est dell’Afghanistan e rappresentano circa il 10% della popolazione. Queste etnie praticano l’islam sunnita, sono organizzate attorno a famiglie allargate e sono presenti rispettivamente in maggior numero all’interno dei confini dei vicini Uzbekistan e Turkmenistan.

L’Afghanistan è dunque un mosaico di etnie intrecciate in modo complesso tra loro e i confini geografici con gli stati limitrofi, che separano gruppi etnolinguistici in comune, sono spesso puramente teorici. Tale frammentazione etnica ha dato vita ad una società civile molto diversa rispetto a quella occidentale ed ha sempre impedito l’esistenza di un governo statale unitario capace di esercitare il proprio controllo sull’intero Paese, favorendo così l’ingerenza di molti attori esterni nella politica afghana. Ogni gruppo etnico infatti possiede una propria storia, una propria cultura ed una percezione unica della sua condizione sul territorio di appartenenza. Tra la popolazione afghana, quindi, il sentimento di appartenenza alla medesima etnia, clan o tribù, è spesso molto più forte del sentimento di appartenenza ad una medesima comunità nazionale multietnica e pluralista.

Ciò è dovuto principalmente al fatto che i confini dell’Afghanistan moderno siano stati tracciati a tavolino durante il XIX secolo dalla Gran Bretagna e dalla Russia, per creare uno spazio cuscinetto tra le regioni di influenza dei due imperi. Questi confini artificiali hanno fatto in modo che ciascuno dei gruppi etnolinguistici afghani abbia mantenuto forti legami culturali e religiosi con altre popolazioni oltre i confini del Paese, innescando così sentimenti irredentisti e facilitando il superamento illegale delle frontiere.

La carenza e l’impossibilità di un forte controllo frontaliero, date anche le caratteristiche dell’impervio territorio afghano, hanno inoltre permesso e favorito negli anni lo sviluppo di un florido traffico illegale di merci, armi e droga nel Paese.

Per capire le vicende politiche e storiche dell’Afghanistan, quindi, particolare importanza riveste il contesto geografico in cui è inserito. I Paesi vicini, come Pakistan, Iran, India, Russia, Arabia Saudita e Tagikistan hanno infatti da sempre giocato un ruolo chiave nel determinare l’instabilità politica dell’Afghanistan, poiché hanno spesso cercato di utilizzare e fomentare le divisioni etniche, religiose, linguistiche e tribali afghane a proprio vantaggio.

Dott. Gabriele Massano

Immagine in evidenza a cura di Lucilla Vittone


[1] Per distinguersi fra loro i tagiki indicano la propria provenienza geografica con nomi quali “Kabuli”, “Herati”, “Panjsheri”, etc.

[2] Specialmente da parte dei pashtun

[3] Molti tagiki sono tradizionalmente brillanti medici, avvocati, ingegneri, burocrati e professori. Attualmente però, con i talebani al potere, quest’etnia sta subendo una forte discriminazione e molti di questi professionisti sono stati dequalificati.