Abilismo: parliamone!

Il vocabolario online dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani ha recentemente aggiunto tra i neologismi il termine “Abilismo”, da intendersi come “l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle persone con disabilità”. Tale descrizione si richiama a un articolo pubblicato nel 2019 sul Corriere dal titolo “Abilismo: è ora di parlarne”, che cercava di riportare all’attenzione generale il tema delle discriminazioni nei confronti delle persone con disabilità, troppo spesso sottostimato, quando non ignorato. Per averne una definizione più articolata si può fare riferimento a quanto scrivono Elena e Maria Chiara Paolini (Witty Wheels), sulle loro pagine online: “La discriminazione verso le persone disabili. Come tutte le altre discriminazioni (omobitransfobia, sessismo, razzismo, …) si sviluppa in un crescendo, da espressioni minori, come il paternalismo o i pregiudizi, fino all’oppressione su larga scala. Abilismo deriva dal fatto che l’abilità fisica/mentale è scelta come criterio per discriminare le persone”.

Cercando il termine online, tuttavia, il primo risultato che compare è quello di Wikipedia, (riferimento immediatamente disponibile e, a volte, unico per molte persone), che ne parla in questi termini: “L’abilismo è la discriminazione nei confronti di persone diversamente abili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano un corpo abile. Essa può colpire sia disabili fisici che mentali, e può essere attuata sia attaccando fisicamente o verbalmente le persone disabili, sia trascurando di offrire loro particolari privilegi volti a compensare la loro situazione di debolezza. […]”.

E’ una definizione che interroga per diverse ragioni e che, forse, restituisce un’immagine abbastanza rappresentativa dell’attuale contesto culturale relativamente ai diritti delle persone con disabilità. Pur evitando, infatti, di soffermarsi sia sul ricorso al concetto di “debolezza” sia sull’utilizzo, scorretto e confuso, di vari termini “disabili, diversamente abili, …”, prima di arrivare a parlare più correttamente di “persone disabili” (meglio ancora in tale contesto sarebbe stato “persone con disabilità” come nella Convenzione ONU), non si può non rilevare la preoccupante ambiguità racchiusa nel far discendere la discriminazione abilista dalla “trascuratezza” del non offrire privilegi, senza alcun cenno alla mancata garanzia dei diritti, troppo spesso ignorati e negati.

Sarebbe opportuna una revisione della voce di Wikipedia, magari aggiornandola e integrandola oltre che con un riferimento alla Convenzione ONU sui Diritti delle persone con disabilità (che è la Legge 18/09), anche con un riferimento alla Legge 67/06 “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, perché nel parlare di discriminazioni e nell’impegnarsi per una società più giusta e inclusiva, si dovrebbero sempre avere come presupposto e punto di riferimento i diritti delle persone.

Domenico Massano